Ricostruire con precisione il modo di dipingere di Vermeer non è un compito facile.
Ciò che ora sappiamo dei metodi di pittura olandese del diciassettesimo secolo, si basa in gran parte sulle informazioni raccolte dai manuali di pittura contemporanea integrati con i risultati delle moderne analisi scientifiche.

The Art of Painting (dettaglio)
Johannes Vermeer
c. 1662–1668
Olio su tela, 120 x 100 cm.
Kunsthistorisches Museum, Vienna
I manuali di pittura di quell’epoca erano più teorici che pratici: procedure di base e ricette venivano fornite raramente, perché il mestiere si trasmetteva dal maestro durante l’apprendistato (normalmente da 4 a 6 anni).
Pochi resoconti sulla pratica sopravvivono e nessuno riguardo Vermeer.
Malgrado egli abbia sperimentato molte tecniche per creare l’illusione dello spazio tridimensionale e della luce naturale, gli studi attestano che i suoi metodi rimasero nell’ambito di quelli in uso all’epoca nel Nord Europa.
Questi metodi erano molto diversi da quelli degi artisti di oggi, i quali di solito lavorano alla prima o quasi sempre ad impasto, stando in piedi, per potersi allontanare e controllare la totalità del lavoro. Il dipinto viene realizzato direttamente a colori su una tela bianca o bianco sporco. Le tavolozze di solito contengono tutti i pigmenti che saranno probabilmente presenti nel lavoro finito.
Nella pittura conteporanea, sperimentazione e improvvisazione svolgono ruoli vitali. Poiché l’artigianato non è più ritenuto indispensabile per lo sforzo artistico, nelle scuole d’arte si rinuncia alla tecnica.
Il metodo pittorico del XVII secolo
Nel diciassettesimo secolo invece, i pittori adottavano un metodo basato su procedure tradizionali, in cui il lavoro era diviso in fasi distinte per poter gestire uno alla volta i principali problemi pittorici. La logica di questo approccio era basata su motivazioni sia tecniche che economiche.
I dipinti del diciassettesimo secolo erano generalmente molto più complessi nella composizione e si prestava grande attenzione alla precisione della prospettiva, all’illuminazione naturalistica e ai dettagli. Così si impostava la composizione e l’illuminazione complessiva nella fase di disegno e pittura di fondo, cosi da essere liberi successivamente di completare e rifinire l’opera in modo frammentario, e di completare un’area riservata alla volta.
Quasi tutte le rappresentazioni di artisti al lavoro li hanno mostrati al lavoro seduti con piccole tavolozze.
I pigmenti a disposizione erano molto pochi rispetto a quelli offerti a un qualsiasi pittore moderno, e di solito dovevano essere macinati a mano ogni giorno prima di iniziare a lavorare. Inoltre, alcuni pigmenti non erano reciprocamente compatibili e dovevano essere usati separatamente. Per superare la scarsità di pigmenti e le intrinseche limitazioni dei materiali disponibili, gli artisti avevano imparato a compensare questi limiti attraverso tecniche complesse come la pittura di sottofondo, le velature e variando le consistenze della vernice e le modalità di applicazione.
Ricerce sulla terminologia usata dai pittori, hanno rivelato che nel diciassettesimo secolo c’erano tre o quattro fasi principali: “l’invenzione”, la “pittura morta “e la “elaborazione con i colori”, seguito da “velature” e “ritocchi”.
- L’invenzione corrisponde (dopo gli eventuali bozzetti e studi) alla fase di disegno iniziale sulla tela non trattata,
- la pittura morta è la pittura di fondo in genere monocromatica per impostare proporzioni e lumeggiature,
- l’elaborazione consisteva nell’applicazione di colore e dettagli,
- la velatura era una tecnica finale indispensabile.
Ogni fase, insieme alla preparazione del supporto del dipinto, verà discussa in articoli separati.
- Scelta e preparazione del supporto
- Invenzione
- Sottopittura
- Elaborazione a colori e dettagli
- Velature
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