L’abate Luigi Lanzi (1732-1810) annota:
Servivasi il Canaletto per le sue prospettive della camera ottica quanto all’esattezza
Canaletto era un vero esperto dell’uso dell’ottica per aiutare il disegno. Sapeva correggere le aberrazioni prospettiche che un uso indiscriminato camere ottiche arrecava alle opere di chi si affidava interamente al ricalco della prospettiva che si poteva ottenere con quell’attrezzo.
La sua maestria, era testimoniata anche dall’uso accorto e raffinato del colore per rendere le atmosfere solari e la prospettiva aerea.
All’atto pratico, l’impiego della camera non fosse molto semplice e che le lenti e il resto, introdotti per facilitarlo, avessero finito col richiedere una certa perizia tecnica”.

La camera ottica che si dice appartenuta a Canaletto conservata a Venezia al Museo Correr. Sul coperchio reca l’iscrizione: A.Canal.
Ad ogni modo, le prove eseguite da Decio Gioseffi (1919-2007) con un apparecchio ricostruito suggeriscono che fossero necessari un’avveduta scelta dell’ottica, teleobiettivi piuttosto che grandangolari, e viceversa, leggeri ma giudiziosi basculaggi, rotazione dello strumento e vari accorgimenti ancora, per correggere le distorsioni di una cupola o di un campanile troppo incombenti e, soprattutto, per coordinare in un’unica fuga prospettica le molteplici riprese indispensabili a fissare panorami di vaste dimensioni.
Lo “scaraboto” era lo schizzo che Canaletto tracciava come studio e preparazione dei suoi lavori, che puoi vedere in questa galleria degli schizzi di Canaletto. Alcuni disegni erano realizzati con l’ausilio della camera ottica, altri velocemente delineati a mano libera, altri ancora rifiniti con maggiore accuratezza.
Questo sta ad indicare che l’uso della camera oscura non era la base ma poggiava su una profonda e indispensabile conoscenza del disegno a mano libera.
La camera oscura serviva per avere una visione d’insieme della composizione. Questi schizzi, chiamati appunto “scaraboti” venivno abbozzati a matita, poi ripassati a penna e ridisegnati in dettaglio, per poi rifinire il lavoro sulla tela. E’ interessante notare che per uno stesso soggetto mutano anche i punti di vista, come se si spostasse per cogliere più particolari possibili.
Il fatto di essere figlio di uno scenografo professionista gli consentiva di utilizzare perfettamente le tecniche della prospettiva in funzione dello strumento.
Ecco alcuni espedienti che usava nelle sue rappresentazioni:
- collocava il punto di vista in posizione rialzata rispetto all’occhio oppure in luoghi poco accessibili alle persone (il terrazzo di un palazzo, una barca in un canale o altro);
- produceva delle viste grandangolari rappresentando la scena al di là del suo naturale quadro prospettico, conferendo così un’ampiezza particolare alla rappresentazione.
Per ottenere queste viste grandiose, utilizzava due particolari sistemi di ripresa. Per esempio manteneva fermo il punto di vista e disegnava due o più prospettive ruotando il quadro prospettico gradualmente, così da ottenere un unico punto di vista e diversi punti principali, uno per ciascuna prospettiva di base. Il dipinto risultava composto dalle diverse prospettive e appariva come una ripresa panoramica, come quelle che oggi si possono ottenere facilmente da un qualunque cellulare o fotocamera digitale.
Probabilmente l’esperienza che Canaletto fece in giovane età lavorando come scenografo di rappresentazioni teatrali gli ha suggerito questi suggestivi trucchi prospettici. L’osservatore del dipinto non riesce a percepire il corretto punto di vista e viene ingannato dalla rappresentazione prospettica della veduta.
Un esempio in cui tale sistema prospettico risulta evidente è il dipinto Campo S. Apostoli a cui è stata contrapposta una fotografia scattata con una macchina fotografica con obiettivo da 35 mm. Nel quadro si percepisce immediatamente la notevole ampiezza del campo rispetto alla realtà.
Ancor più impressionante è la raffigurazione della piazza nel dipinto “Piazza San Marco, verso la libreria, tra gli scorci della Basilica e la Chiesa di San Geminiano” dove la raffigurazione della realtà è paragonabile ad una fotografia ripresa con un moderno obiettivo fisheye che allarga la visione creando però delle forti aberrazioni ottiche che non risultano particolarmente evidenti nei dipinti del Canaletto.
Con la camera ottica l’immagine del paesaggio era proiettata su un foglio o direttamente su una tela e quindi ricalcata dagli artisti. La camera ottica era uno strumento particolarmente apprezzato nel settecento dalla corrente illuministica, che mirava ad una rappresentazione del reale il più fedele possibile in contrapposizione al periodo precedente, il barocco.
Link utili
http://www.mediastudies.it/IMG/pdf/La_camera_ottica.pdf
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