Nome e professione
Cinzia Scarpa, imprenditrice agricola: collaboro con mio fratello/gemello alla conduzione dell’azienda agricola di famiglia. Il disegno e la pittura non riesco a considerarli un lavoro, fanno semplicemente parte della mia vita.
Da dove vieni?
Sono nata nel 1961 e vivo in provincia di Venezia , precisamente a Cavallino-Treporti, suggestiva lingua di terra sabbiosa tra mar e laguna.
Come quando e perché è iniziato il tuo amore per l’arte?
Nel mio nucleo familiare nessuno possedeva capacità artistiche, ma ricordo mio nonno materno che in vecchiaia passava molto tempo seduto al tavolo in cucina, trovandosi a portata di mano fogli da disegno e pennarelli dei nipoti iniziò a copiare (interpretando) alcune stampe e cartoline di piazze italiane, scoprì di saper disegnare piuttosto bene, le sue piazze surreali e metafisiche mi piacevano moltissimo.
Per me la passione nasce già nell’infanzia, ero attratta dalle illustrazioni dei libri, percepivo che le immagini non appartenevano alla realtà ordinaria, passavano attraverso l’interpretazione e l’immaginazione di chi le aveva prodotte, mi raccontavano molto più delle parole. Iniziai così a disegnare la mia realtà alternativa, mi attraeva ciò che i miei disegni riuscivano a raccontarmi. Amavo appartarmi e osservare gli alberi, mi stendevo ai loro piedi per osservare gli incroci dei rami, studiavo la luce. Le mie estati di bambina erano una totale e magica immersione nella natura, sensazioni e percezioni che nel tempo hanno costruito dentro me una consapevolezza che ora ritrovo in tutto ciò che produco.
Quando è cominciata quest’avventura nell’arte?
E’ stata un’insegnante delle scuole medie a farmi capire l’importanza dello studio della teoria e delle tecniche dell’arte e come i metodi di osservazione diventino strumenti necessari per dare forma alle idee.
Mi innamorai della luce! Mi affascinò scoprire che, con pennini e china costruendo ombre, la luce diveniva la vera protagonista.
Cosa hai studiato e dove?
Non continuai con studi artistici, dedicai studi e tempo all’azienda di famiglia, con la consapevolezza che non avrei certo dimenticato il disegno. Infatti passavo parte della notte e gran parte del tempo libero a disegnare.
Solo nel 2008 mi iscrissi ad un corso di ritratto e disegno dal vero, ovviamente m’innamorai di tutto ciò che imparavo, mi esercitavo con costanza, fu l’inizio di una vera “relazione” col disegno e la pittura. In seguito il mio interesse per la figura umana mi condusse ad approfondire gli studi iscrivendomi ad un corso di nudo dal vero. Nel 2018 infine mi iscrissi all’Accademia d’Arte Vittorio Marusso a S. Donà di Piave, vicino a Venezia, seguendo lezioni di “figura e nudo dal vero”.


Come artista cosa vuoi condividere con il mondo?
Non penso a grandi messaggi, piuttosto a impercettibili sensazioni, quelle che a parole non si spiegano. Semplicemente dipingo figure, sopratutto femminili. Spero che l’effetto finale sia quello di un buon libro che l’autore scrive e che il fruitore interpreta con le proprie personali esperienze e sensazioni.
Come studente qual’è stata la lezione più importante che hai imparato?
L’importanza di sperimentare e mettermi alla prova con umiltà, concedendomi il tempo di maturare.
Secondo te da dove viene l’ispirazione?
E’ un argomento che ho sempre tralasciato, credo di non essermelo mai chiesto veramente…
Qual’è l’elemento iniziale che innesca il processo creativo? E cosa ritieni più importante? Il concetto, l’idea espressa, o il risultato estetico o percettivo dell’opera?
Per quanto mi riguarda il germe del processo creativo è lo spazio bianco, un foglio, una tela, un muro, una sorta di foglio vergine per lo scrittore. Probabilmente il concetto, l’idea espressa, il risultato estetico, sono tutti importanti ma io ritengo interessante un lavoro sopratutto per il risultato percettivo, per ciò che a parole mi è difficile spiegare.
Quale fase dell’arte/creazione ti colpisce di più?
La fase embrionale, quando un’immagine si fonde o si confonde ad un sentimento, si trasforma, cambia senso poi, durante la lavorazione se va bene, cambia vita. Lascio che il lavoro si racconti.
Amo anche il momento in cui do un titolo al mio lavoro, sempre alla fine, dopo lunga e “vissuta” osservazione, per me il titolo è parte dell’opera.







Perché hai scelto un’arte visiva?
Perché non avevo voce per cantare, grazia per ballare, mezzi per suonare, forse sono andata per esclusione, o forse si nasce con un senso estetico che indirizza a certi modi espressivi. Fin da bambina amavo “guardare/osservare a modo mio”. Sono sempre stata un appassionata osservatrice, trovo che il piacere di vedere sia di grande stimolo per cogliere immagini e fissarle alle sensazioni..
Come e perché sei arrivata alla tecnica pittorica dell’acquerello?
Ho iniziato col disegno che rimane sempre il primo amore. In seguito iniziai a dipingere ad acrilico, ma la vera liberazione è arrivata con l’acquerello, Mi hanno sempre affascinato le velature e le trasparenze di questa tecnica, mi sembrava il metodo più efficace per rappresentare ciò che desideravo raccontare.
Ho iniziato a dipingere ad acquerello nel 2014, da autodidatta, osservando i lavori di alcuni bravi artisti, chiedendo consigli sulle tecniche, i materiali e sperimentando sulla base di queste osservazioni e consigli.
La caratteristica che più mi affascina nell’acquerello è la libertà dell’acqua, con la quale è necessario cercare una collaborazione per conservare l’estetica del proprio lavoro ma allo stesso tempo lasciare che scorra, che porti ad imprevisti e sorprendenti effetti.








E’ difficile discorrere d’arte senza parlare di sé. Quanto c’è della tua storia, dei tuoi ricordi, della tua vita intima, nelle opere che realizzi?
Sicuramente tutte le esperienze vissute, buone o cattive, le percezioni acquisite nel tempo nell’ambiente agreste e nell’infanzia vissuta come una splendida avventura, in totale contatto con la natura, hanno segnato e continuano modulare le mie percezioni, immagino possano farlo anche sul linguaggio e sul contenuto dei miei lavori, anche se le mie pitture non rappresentano esplicitamente questo.
Secondo te qual’è la funzione sociale dell’arte?
Quando si osservano i graffiti rupestri non si vedono solo scene di caccia ma se ne percepisce la drammaticità. L’arte in tutte le sue forme è memoria, scorre nella storia, la mantiene viva, è testimonianza attiva nella contemporaneità, dell’intimo sentire umano.
Quale messaggio personale vorresti lasciarci?
L’amore per l’arte ha bisogno di cura.
L’amore è cura, la cura è impegno.
Grazie Cinzia.
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